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MAGDA SZABÓ – CIRCOLO LETTERARIO „LIBRANDO” BOLOGNA

MAGDA SZABÓ – CIRCOLO LETTERARIO „LIBRANDO” BOLOGNA

Quando frequentavo ancora il liceo lessi di Magda Szabò il romanzo autobiografico, credo mai tradotto in italiano, Storia di tempi andati (Règimòdi történet), oltre al romanzo intitolato Freskò (Affresco 1959), che fu poi scoperto ed apprezzato da Hermann Hesse. Recentemente ho affrontato La porta (Az ajtó – 1987) e il suo ultimo romanzo, Per Elisa (Für Elise). Tutti e tre i romanzi sono autobiografici e possono essere considerati una trilogia che narra la storia della madre della scrittrice, Lenke, della sua donna di servizio Emerenc, e della sorella adottiva Cecilia, definita un’ „orfana del Trianon”, con riferimento al trattato di pace che nel 1920 ridusse l’Ungheria a un terzo del territorio prebellico.
Il titolo „La porta” é simbolico e indica quella porta che é impossibile aprire e varcare. Questo ostacolo fisico e psicologico impedì all’autrice di penetrare la sfera privata di una donna che fu al suo servizio per venti anni, con la quale si era instaurato un rapporto difficile e spesso conflittuale, che solo negli ultimi anni si trasformò quasi in un rapporto affettuoso anche se sempre distaccato e separato dalla “porta.”
Come in Kafka, anche in Szabò ritroviamo il motivo della porta, ma mentre per Kafka la porta
impedisce all’uomo della strada di arrivare a conoscere la Legge e la Verità, nel romanzo della Szabò questa barriera rende impossibile quell’affetto sincero che rappresenta un rapporto consueto tra gli esseri umani. Questo affetto è mancato a Emerenc in tutta la sua vita e l’ha trovato solo nel rapporto con il cane della padrona. Non è una storia lineare: i molti flash back e flash forward rendono complessa la comprensione e richiedono una lettura attenta e riflessiva. La tragica vita di Emerenc si delinea solo verso la fine del libro e ci fa capire il suo carattere spigoloso e il suo comportamento anomalo. La sua vita fu segnata dal duro lavoro e da tragedie indelebili, con i fratelli gemelli folgorati in una tempesta, il suicidio di una cara amica e della madre, gettasasi in un pozzo: tutti episodi descritti con una forza narrativa che lascia un segno indelebile in noi lettori.
La scrittrice usa uno stile innovativo per i tantissimi inserimenti della sua cultura classica, citazioni latine o addirittura brani di conversazione in latino dell’alta borghesia o nobiltà denominata
“Lateinerklasse” fino alla II Guerra mondiale. Mentre in Russia e in Polonia la
lingua d’elite era il francese, in Ungheria essa era rappresenta dal latino e dal tedesco. La prosa di Szabò è caratterizzata anche dalle sospensioni, per la storia inserita di numerosi personaggi con tanti nomi vezzeggiativi e dai periodi lunghi, espressi con ricco ed insolito lessico.
Sia “La porta” che “Per Elisa” nascono dal desiderio di condividere con i lettori il sentimento di rimorso che perseguitava l’autrice nei confronti di Emercenc, in quanto il suo soccorso affettivo giunse troppo tardi per salvarle la vita, e per la sorella adottiva, a causa del suo sentimento di gelosia e di conflittualità che l’avrebbe indotta a lasciare anzitempo la famiglia d’adozione per sposare un maturo direttore d’orchestra di Milano.

Mady Eva
Bologna, 17 giugno 2013