Dalla nebbia di via Castiglione ai profumi di mirto e lentischio delle coreografie mediterranee di Zorba il Greco; è questa la prima sensazione nell’ assistere al Duse di Bologna alla perfomance del Balletto di Gyor, insignito proprio quest’anno del titolo di Balletto Nazionale ungherese.
Le coreografie moderne di Gyula Harangozó, figlio dei due fondatori del balletto nazionale ungherese, hanno saputo rendere attuali e sempre con uno sguardo costante agli stilemi della tradizione greca, ancora così vivi nell’ isola di Creta, valori eterni come l’ amicizia, l’ amore, la tensione verso un futuro migliore nonostante le avversità della vita; questa è in sintesi la vicenda narrata da Nikos Kazantzakis nel suo romanzo “Zorba il Greco” ,cosi superbamente trasportarta nella finzione cinematografica da Antony Queen; l’amicizia che ha legato uno scrittore inglese ad un greco, Zorba, esperienza e passione con un sottofondo di ottimismo nei confronti della vita.
L’ intrapresa nella miniera ereditata dall’ inglese è la stura per una vicenda che si dipana in un rincorrersi di momenti di gioia, di felicità, di passione e di morte tipici della tragedia greca: il corpo di ballo ha saputo interpretare in maniera emozionante, in una scenografia essenziale, ora miniera, ora scogliera, a seconda delle luci, la vicenda d’amore e morte di Zorba; i colori dei costumi degli interpreti, le tonalità pastello degli azzurri dei costumi delle ballerine, ieratiche nel loro incedere, la coreografia supportata da una geniale gestione delle luci sulla scena hanno riecheggiato elementi della tradizione balcanica ( i costumi dei ballerini da ragazzi della Via Pál) sottolineati dalla musica immortale di Mikis Theodorakis e dalla danza del sirtaki.
Ed è proprio il sirtaki, nel romanzo, ad assumere una funzione catartica: la danza finale dei due protagonisti in riva al mare, la loro risata liberatoria, il ritmo via via sempre più incalzante della musica ci dicono che la nottata di edoardiana memoria è, almeno per il momento, passata e che la vita può continuare; questo sentimento liberatorio dal cupo dramma delle scene precedenti è stato magistralmente interpretato dal corpo di ballo che ha letteralmente trascinato il pubblico a sottolineare con l’ applauso ripetuto l’incalzare del ritmo della musica e dei passi della danza via via più concitati ma sempre armoniosi nel loro fluire; è proprio la vera essenza della Grecia e del suo popolo, della sua filosofia di vita, della sua civiltà.
“Siamo sopravvissuti nei secoli, in condizioni molto difficili ed è certo che se ci porteranno con la forza, con la violenza, al penultimo gradino prima della nostra morte, i Greci, non solo sopravvivranno ma rinasceranno”; sono alcune delle parole della lettera aperta del compositore greco, del febbraio del 2012, sulla drammatica situazione della sua patria e che il Balletto di Győr ha riportato alla nostra memoria..
“Italiano-greco, una faccia, una razza”: una speranza!
Bologna 13.12,2013 Angelo E.Serrau
Sito del Balletto di Győr: www.gyoribalett.hu